Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

15
Mar
2015
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Da ciò che è a ciò che dovrebbe essere

Tikkun nsp hands-circle.jpg

“Semplicemente, non riesco a capire come si possa essere spirituali senza impegnarsi concretamente nella trasformazione del mondo”, dice rabbi Michael Lerner. Politico rivoluzionario, filantropo, guida spirituale, psicologo e direttore della rivista “Tikkun”, Michael Lerner è una delle voci che chiede con più vigore un cambiamento radicale in questo nuovo millennio.

Il suo infaticabile impegno affinché il mondo non sia più guidato dai valori dell’ego, malvagi e materialisti, ma dalla rivelazione spirituale secondo la quale siamo un tutto indivisibile, è quanto meno ispiratore. Egli è un uomo passionale che ci invita a risvegliarci contemporaneamente alla verità della nostra natura spirituale indivisa e alla nostra coscienza.

Rabbi Lerner è un idealista che cerca attivamente (ovvero non solo filosoficamente, ma anche praticamente) di trasformare questo mondo, apparentemente diretto verso il disastro. La sua inflessibile ricerca di una trasformazione globale della società e della cultura basata su valori profondamente spirituali ha contribuito in modo inestimabile alla nostra inchiesta L’illuminazione può salvare il mondo?

In gioventù, Lerner è stato profondamente influenzato da Abraham Heschel, uno dei più grandi teologi ebrei del mondo contemporaneo. Studente “radical” di filosofia a Berkeley negli anni sessanta, Lerner alla fine si accorse che i movimenti liberal e progressisti erano destinati alla sconfitta, perché non affrontavano le dimensioni etiche e spirituali dell’esperienza umana. Read More

21
Jan
2015
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Tutto da perdere, tutto da guadagnare

due omini.gifDopo aver saputo che il bambino che portava in grembo aveva la sindrome di Down, Martha Beck ha imparato che quando abbiamo tutto da perdere, abbiamo anche tutto da guadagnare.

Avevo venticinque anni e stavo per laurearmi a Oxford quando mi dissero che il mio secondo figlio, che ancora portavo in grembo e che avevo già chiamato Adam, aveva la sindrome di Down. I dottori e i consulenti mi raccomandarono caldamente un aborto terapeutico, anche se ero incinta da molti mesi. Avevo solo poche ore per prendere una decisione scioccante: crescere e mantenere un bambino mentalmente ritardato, o abortire il bambino che avevo già imparato ad amare?

Mentre consideravo le possibilità che avevo davanti a me, accadde qualcosa di singolare al mio modo di vedere la vita. Gli altri pensavano che era meglio che Adam non nascesse mai, perché gli mancavano qualità che la società giudicava importanti: un bell’aspetto, la possibilità di guadagnare bene, “savoir faire” e così via.

Ma a pensarci bene, conoscevo anche molte persone “normali” che non avevano queste qualità: per esempio, me stessa. Inoltre, anche gli individui più dotati potevano perdere i loro vantaggi a causa di incidenti, di malattie o dell’invecchiamento. I pochi fortunati che avrebbero evitato tutte queste disgrazie avrebbero sempre trovato la morte ad attenderli alla fine della loro incantevole vita.

Negli intensi momenti in cui dovevo decidere per la vita o la morte, tutti i valori del “mondo reale” in cui avevo sempre creduto si dissolsero come neve al sole. Ciò che persi quel giorno non fu solo la speranza di avere un bambino perfetto, ma anche l’illusione che qualcuno possieda mai qualcosa o qualcun altro. Mi trovai faccia a faccia con la verità che non esiste nulla cui possiamo aggrapparci per sempre, e niente che possiamo essere, fare o possedere, che non perderemo. Read More

20
Nov
2014
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Tra psicologia e spiritualità : il Diamond Approach

almaas5.jpgA. H. Almaas (pseudonimo di A. Hameed Ali) ha creato il Diamond Approach, un cammino spirituale che integra la psicologia contemporanea con la spiritualità.

Nato in Kuwait nel 1944 e cresciuto in una tradizionale famiglia musulmana, Almaas si è trasferito negli Stati Uniti nel 1963 per studiare Fisica all’Università di Berkeley. Arrivato sul punto di laurearsi, ha abbandonato gli studi perché riteneva che la scienza non offrisse risposte alle domande profonde della vita. Ciononostante, egli conserva un ricordo positivo della sua educazione scientifica, perché grazie a essa la sua mente è diventata “precisa e sperimentale”.

Continuando le sue ricerche nel campo della psicologia, Almaas ha scoperto alla fine il valore di quella che chiama “essenza”, la natura intrinseca dell’essere umano, opposta all’«ego» e alla “personalità”, il complesso delle caratteristiche acquisite attraverso l’esperienza e l’educazione. Questa dinamica è forse la caratteristica principale del Diamond Approach. Almaas insegna dal 1976 e ha creato centri nella San Francisco Bay Area e in Colorado, dove oggi operano circa sessanta, settanta insegnanti. È autore di molti libri, presentati in bibliografia alla fine dell’articolo.

Desideravo intervistare Almaas soprattutto per due ragioni. In primo luogo, per l’accento da lui posto sulla dinamica tra l’«essenza» e la “personalità”, che è un elemento centrale di molti insegnamenti spirituali, i quali sottolineano tutti la necessità di distinguere il proprio essere innato dai propri condizionamenti. Inoltre, perché ho la sensazione che l’epoca presente richieda, in particolar modo, una nuova sintesi degli insegnamenti tradizionali, e il lavoro di Almaas offre un’interessante riformulazione dei concetti della psicologia profonda, del sufismo, del lavoro di Gurdjieff, del buddismo e di altre scuole.

Ho intervistato Almaas nella sua spaziosa e nuovissima casa (l’impresario stava ancora lavorando al giardino) sulle colline di Berkeley, in California. Mi ha fatto l’impressione di una persona tranquilla e concreta, dalla centratura stabile e la mente penetrante. Poiché ho avuto problemi con il registratore, è stato necessario rifare buona parte dell’intervista. A tale inconveniente, Almaas ha reagito con calma e pazienza.

Richard Smoley: Forse potresti cominciare parlandoci del Diamond Approach.

A. H. Almaas: Il Diamond Approach è un insegnamento spirituale, una tecnica per entrare in contatto con la nostra natura spirituale e portarla nella nostra vita. È un lavoro spirituale, nel senso che ha a che fare con quella parte della nostra natura che è al di là del tempo, dei prodotti della vita presente, dei pensieri, le convinzioni, le idee e i concetti su noi stessi e il mondo. Quindi, ha a che fare con il riconoscimento diretto, o la gnosi della nostra consapevolezza, del nostro essere. Quando sono me stesso liberamente e semplicemente, senza cercare di cambiarmi o di essere qualcuno, ma restando semplicemente ciò che sono, chiamiamo tutto questo il riconoscimento della natura autentica. Grazie a questa natura spirituale, la nostra vita diventa autentica. Read More

21
Sep
2014
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La lezione Allen Ginsberg

allen ginsberg.jpgL’ospitalità, la generosità verso gli altri poeti e l’infaticabile impegno sociale di Allen Ginsberg raccontati da qualcuno che li ha visti da vicino.

Hum! Hum! Hum! Servitù. Servitù medievale. Quando cominciai a lavorare per Allen, certamente non consideravo la mia occupazione una forma di servitù. Venni assunto per sostituire temporaneamente il suo segretario. Ma col tempo compresi che, in un certo senso, stavo lavorando per un personaggio molto più grande del corpo che lo conteneva.

Conoscevo Allen già da prima, perché eravamo vicini di casa. A quel tempo egli viveva al 437, East 12th Street, vicino Avenue A. Lo conoscevo abbastanza bene grazie alle associazioni degli inquilini; lui e Peter erano ottimi organizzatori su questo tema. Per la proprietaria dell’edificio, che viveva nel palazzo, mostravano un’enorme compassione. D’inverno non c’era né riscaldamento né acqua calda nel condominio. Facevamo riunioni nel mio appartamento, che era direttamente sopra quello della proprietaria. La gente faceva la proprie richieste pestando i piedi sul pavimento. E Peter e Allen dicevano: “No, no, dovete avere compassione, dovete capire”.

Allen aveva un’idea del lavoro che era un incubo per gli altri, ma che funzionava. Ecco perché Ted Berrigain chiamava Allen “Il presidente della poesia”. Negli anni ’60, egli era il guru e il profeta della poesia, sapete. Ma Ted aveva ragione: Allen avrebbe dovuto fare il presidente, perché sarebbe riuscito a dare lavoro a tutti gli abitanti di questo Paese.

Era molto contento del fatto che potevo mantenere una famiglia lavorando per lui. In realtà, egli considerava importantissimo il fatto che i poeti avessero un lavoro. Il suo ufficio era praticamente un lavoro a domicilio. Questa idea l’aveva presa dall’India agli inizi degli anni ‘60. Read More

15
Aug
2014
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La progressione non-lineare del processo meditativo

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In genere, la meditazione viene considerata un mezzo finalizzato a un obiettivo. Per questo è facile pensare che ci sia una progressione lineare dall’ignoranza all’illuminazione, e che tutto ciò che un meditatore deve fare per raggiungere l’obiettivo è seguire le istruzioni. Tale concezione ha provocato un grande fraintendimento per tutto quello che riguarda lo sviluppo naturale del processo meditativo.

Un processo meditativo naturale, secondo la mia opinione, è composto di tre fasi successive: eliminazione, coltivazione e sviluppo. Esse possono comparire in qualsiasi momento, a qualsiasi grado di intensità. Attraverso lo sviluppo di facoltà meditative, la mente diventa più capace di utilizzare queste attività interiori progressive quando compaiono.

Eliminazione e coltivazione

Per cominciare, lo scopo della meditazione non è “eliminare” direttamente delle qualità negative. Piuttosto, la direzione è verso una “coltivazione” della consapevolezza, grazie alla quale diventa possibile la vera eliminazione di stati mentali negativi e conflittuali. Read More

12
Jul
2014
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Oltre l’ego, diventi un’offerta al mondo, intervista con Mata Amritanandamayi, parte 2

amma.jpgAmy Edelstein: Cos’è la shradda? La fede nella possibilità di trascendere l’ego in questa vita?

Mata Amritanandamayi: La shradda è qualcosa di più che la fede. È fiducia e amore. Sia la fiducia sia l’amore sono necessari per trascendere l’ego: la fiducia nell’esistenza di una realtà più elevata, l’amore per quella realtà e l’intensa aspirazione a realizzarla.

Amy Edelstein: Qual è il modo migliore di coltivare la discriminazione davanti a tutte le tentazioni dell’ego?

Mata Amritanandamayi: Così come un bambino cresce e abbandona l’orsacchiotto e gli altri giocattoli, un ricercatore autentico raggiunge la capacità di discriminare tra l’eterno e il non-eterno quando la sua comprensione cresce ed egli progredisce sul cammino. Il potere della discriminazione nasce in noi quando abbiamo una comprensione e maturità sufficienti. Quando impariamo a valutare adeguatamente le esperienze della vita, automaticamente cominciamo a usare la nostra intelligenza discriminante. Quella che avviene è una fioritura interiore, come un germoglio che si schiude. È parte di un processo lento ma costante. Dietro ogni esperienza che la vita ti porta – sia negativa sia positiva – c’è un messaggio divino. Vai oltre la superficie e riceverai il messaggio. Niente viene dall’esterno; tutto è dentro di te. L’intero universo è al tuo interno.

Lungo il cammino ci saranno molte tentazioni e sfide. Solo una persona dotata di esperienza può aiutarti. Il cammino verso moksha è molto sottile, ed è facile che un ricercatore spirituale cada vittima dell’illusione. Read More

1
Jun
2014
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Oltre l’ego, diventi un’offerta al mondo, intervista con Mata Amritanandamayi, parte 1

amma.jpgUna donna piccola e dalla carnagione scura, avvolta in un sari bianco, sorride radiosamente mentre cammina con difficoltà in mezzo ai suoi devoti, le cui mani la sfiorano e l’accarezzano come piume. Il suo viso è tranquillo, forte e totalmente all’erta, così come è stato nelle ultime cinque ore, senza mai cambiare. Il suo corpo esausto, invece, riesce a malapena a restare in piedi; sembra addirittura che potrebbe crollare per sfinimento prima di raggiungere la macchina che l’attende. La spalla destra del suo sari è annerita dal sudore e dalle lacrime delle centinaia di guance che vi hanno trovato soccorso.

Dal mattino presto, Mata Amritanandamayi ha letteralmente stretto al petto un migliaio di persone, senza fare una pausa nemmeno per mangiare o sorseggiare un po’ d’acqua. Ha ascoltato i loro problemi e le loro più profonde aspirazioni spirituali, ha sparso petali di fiori sulle teste, ha premuto dolci “prasad” (offerte consacrate) nelle loro mani, ha benedetto la loro foto, i “mala” (collane di preghiera) e i bambini. Uno dopo l’altro, ogni supplicante ha ricevuto lo stesso, indiviso amore cosmico da Ammachi, la Madre Santa.

Giovani e anziani, sposati e non sposati, uomini e donne, ricchi, poveri, belli, storpi, diffidenti, pazzi e sinceri: tutti sono benvenuti, senza eccezioni. E quando lei abbraccia ognuno, intonando a voce bassa: “Ma, Ma, Ma” nel suo orecchio, la trasmissione di compassione è una corrente continua che non si affievolisce mai. Inoltre, il suo volto luminoso non registra la minima traccia di preferenza o paura per le persone che le si inginocchiano davanti.

Dicono che Ammachi sia un’«avatar», un’incarnazione del Divino sulla Terra. Dicono che il suo ego sia stato completamente distrutto, che tutte le tracce di un’identificazione con un io distinto siano state cancellate. Dicono che quando guarda gli altri, vede un solo Sé in tutti.

Cosa possiamo imparare sull’ego da una persona che, si dice, lo ha trasceso? Ma se i suoi occhi vedono solo Dio, esiste l’ego per lei? Qual è il messaggio di questa “mahatma” (grande anima) ai veri ricercatori della “moksha” (liberazione) a proposito della grande e fondamentale battaglia della vita spirituale? In che modo il suo amore apparentemente infinito si manifesta quando incontra il nemico dei suoi discepoli, l’ego? Read More

1
Apr
2014
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Infiammali, ritratto di Vimala Thakar

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Ritratto di una saggia contemporanea

“Sono una persona semplice, un essere umano che ha amato la vita, considerandola divina. Sono stata innamorata della vita, pazzamente innamorata della divinità della vita umana!”

La sua voce è profonda e sicura di sé, vibrante di una passione soffusa. Pronuncia chiaramente e senza esitazione ogni parola, dando l’impressione di una persona che affronta la vita a testa alta, senza cercare scuse e in modo totalmente presente. I suoi occhi sono dolci e senza paura. Siede sul bordo della sedia, attenta e china verso di noi, vestita con un sari bianco, fresco e pulito.

Perfettamente immobile, dotata di un’innegabile potere, in un attimo diventa gentile e premurosa nel servirci il the. Questa è il nostro primo incontro con Vimala Thakar, la nota figura spirituale che ha viaggiato il mondo insegnando per più di trenta anni. Ho atteso con impazienza questo momento, l’opportunità di parlare e intervistare questa donna insolita. Una volta la sentii parlare a Londra, venti anni fa, e le sue parole lasciarono in me un’impressione duratura. È stato il ricordo della sua integrità e intelligenza che recentemente mi ha fatto decidere di rincontrarla. È la sola persona, per quanto ne sappia, alla quale J.Krishnamurti, il grande rivoluzionario spirituale, abbia mai chiesto di andare a insegnare.

Insieme al mio vecchio amico Shanti Adams, sono venuto a cercare Vimala Thakar qui sul Monte Abu, una stazione collinare nel remoto angolo meridionale dello stato desertico Indiano del Rajasthan, dove trascorre i mesi invernali. La casa, che le è stata donata, è tranquilla e immersa nelle enormi formazioni rocciose che intercalano il paesaggio. Vimala ci incontra puntualmente alle 9.30 del mattino in un piccolo studio accanto all’atrio della casa, e le rammento l’intervista proposta. Mi sento mancare il cuore quando ci dice di essere più che felice di dialogare con noi, ma che non desidera essere pubblicata e fotografata. «Sono socialmente morta», aggiunge. Read More

8
Jan
2014
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Boehme e la pratica dell’abbandono

Boehme.jpgJacob Boehme, il grande mistico tedesco, è noto per la sua oscurità. Qual è il modo migliore per avvicinarsi alla sua opera? Farne l’esperienza, avere la stessa mentalità con cui egli ha ricevuto la sua mistica illuminazione.

Per comprendere la splendida e complessa cosmologia di Jacob Boehme, c’è, penso, un segreto di somma importanza: avere la stessa mentalità con cui egli ha ricevuto la sua mistica illuminazione.

Fu in profonda quiete contemplativa che questo calzolaio tedesco, fissando lo scintillio di un piatto di peltro al sole, venne improvvisamente travolto da una visione unificativa che “in un quarto d’ora mi fece vedere e sapere più cose di quante ne avrei imparate in molti anni di università” (vedi nota 1). Passarono dodici anni prima che egli riuscisse a esprimere in parole questa rivelazione cosmica. Ciononostante, queste parole sono – per citare E. E. Cummings – “grosse e contorte, di quando troppo dici, / tenere a bada dovessero lo spirito indifese” (vedi nota 2).

Avvicinarsi agli insegnamenti di Boehme con una mentalità filosofica è semplicemente inutile. Il suo pensiero si muove per salti; in molti punti si contraddice, perché cerca di far esprimere ai concetti le verità afferrate intuitivamente, in un attimo di grande e superiore intuizione.

Boehme è uno dei geni nascosti del misticismo cristiano. Praticamente, non viene letto in alcun seminario cattolico o protestante, e persino i più importanti teologi contemporanei fanno fatica a pronunciare il suo nome (una persona di mia conoscenza lo chiamava Jacob Boheme, come ne La Boheme; in passato, il suo nome veniva talvolta storpiato in “Behmen”). La sua opera è tenuta in vita soprattutto grazie all’interesse continuo della tradizione ermetica cristiana, e a un gruppuscolo di devoti che va da Angelus Silesius, nel diciassettesimo secolo, fino a Evelyn Underhill, nel ventesimo. Read More