Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

2
Jul
2009
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“Il dito e la luna”, dove teatro, ricerca e spiritualità  si incontrano

Andrea Abdullah Failla, 43 anni, è attore teatrale, doppiatore, insegnante di recitazione e ricercatore spirituale. Lo spunto di questa intervista nasce dal suo ultimo spettacolo, Il dito e la luna, ideato per festeggiare il prossimo 7 luglio, giorno di luna piena molto speciale che in India si celebra col nome di Guru Purnima. È la luna piena del mese di Ashada, un momento che si dice essere mille volte più potente del resto dell’anno per il progresso spirituale di un ricercatore.

Come nasce Il dito e la luna? «L’idea è quella di festeggiare il giorno di Guru Purnima, che si ricorda per l’illuminazione del Buddha: lo spettacolo vuole celebrare la luna di tutti i maestri. Mi sta a cuore sottolineare quanto l’arte sia importante per la ricerca spirituale, e viceversa».

Quindi a cosa hai pensato? «Alla convergenza di quattro arti. Ci saranno testi inediti di un poeta che si è ispirato al tema, a una danzatrice che ha creato una coreografia lunare- Moon embrace- due musicisti che propongono improvvisazioni che evocano l’illuminazione. E un pianista professionista classico che suonerà Al chiaro di luna di Debussy».

Cosa lega questi elementi? «Lo farò io, con monologhi tratti da Il contrabbasso, di Suskin, magnifica storia di un contrabbassista che subisce il fascino di una cantante dalla voce profondamente spirituale. Quando lui la ascolta parlare è come se sentisse il paradiso, quindi ritorna il tema della musica come elemento che aiuta ad elevarsi. Leggerò anche altri brani poetici ispirati ai 100 canti di Kabir».

Cosa ti piace particolarmente di Kabir? «Il fatto che mette insieme due mondi diversi. È conteso sia dagli indu sia dai musulmani, perché nasce indu però crescendo si accosta al Sufismo. Dice, in una poesia, “Sono figlio di Rama ma anche di Allah, e se guardi nel tuo cuore, troverai entrambi”».

La creatività cosa ha a che fare con la spiritualità, nella tua visione? «Una frase dello spettacolo dice “è quando tu non ci sei che dio compare”. Questa è la creatività, farsi da parte e lasciare che qualcosa accada, e celebrare la luna dei maestri mi sembra un buon modo per ricordarselo». Read More

25
Jun
2009
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Ricerche in collaborazione fra buddisti e scienziati

meditatore eeg.jpgUn progetto di ricerca per acquisire nuove conoscenze sull’impatto che la meditazione può avere sulle funzioni affettive e cognitive fondamentali e sui meccanismi cerebrali sottostanti a tali processi. Alcuni degli attributi mentali positivi intenzionalmente coltivati nelle pratiche contemplative buddiste, per esempio la compassione, non sono mai stati inclusi nello studio neuroscientifico occidentale delle emozioni.

Addestrare e studiare la mente: verso un’integrazione delle pratiche contemplative buddiste e delle neuroscienze
Scopi generali del progetto di ricerca

Lo scopo generale di questo progetto di ricerca è acquisire nuove conoscenze sull’impatto che la meditazione può avere sulle funzioni affettive e cognitive fondamentali e sui meccanismi cerebrali sottostanti a tali processi. La ricerca mira inoltre a favorire un approfondimento della conoscenza della natura dell’esperienza cosciente. Alcuni degli attributi mentali positivi intenzionalmente coltivati nelle pratiche contemplative buddiste, per esempio la compassione, non sono mai stati inclusi nello studio neuroscientifico occidentale delle emozioni (vedi Davidson, 2002).

La presente ricerca intende sottoporre questi attributi mentali positivi a uno studio scientifico. Inoltre, combinando il rigoroso esame diretto dell’esperienza cosciente coltivato dalle pratiche contemplative buddiste con l’esplorazione neuroscientifica occidentale delle manifestazioni neurali e somatiche degli stati coscienti, è possibile acquisire nuove prospettive sulla natura fondamentale della coscienza (vedi Varela 1996; Lutz et al., 2002). Read More

19
Jun
2009
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Il battito dell’assoluto di Osho, recensione

Osho. Il battito dell’assoluto.jpgLe Upanishad sono la parte finale dei Veda, le antiche sacre scritture indiane. Si dice che le Upanishad contengano l’essenza più pura degli insegnamenti. Uno dei significati di Upanishad è “insegnamenti segreti”.

La Ishavasya Upanishad riprende la sua originaria vitalità nei commenti di Osho, trascritti da discorsi tenuti durante un intenso campo di meditazione durato dieci giorni. Il maestro incoraggiava circa quattrocento ricercatori a sperimentare dal vivo gli stati dell’essere accessibili alla coscienza. L’anno era il 1971 e vi erano ancora pochissimi occidentali tra i partecipanti.

Le Upanishad non rappresentano una filosofia espressa in termini sistematici. Sono invece le descrizioni della natura della Realtà a partire dallo stato di illuminazione. A differenza del metodo scientifico occidentale, che procede per logica e induzione nella scoperta del vero, il metodo orientale parte dalle rivelazioni. Come commenta Osho, “La verità non si forma né si costruisce attraverso la nostra ricerca; questa la conduce semplicemente entro la sfera della nostra esperienza: essa è, in sé, sempre presente. La via del ragionamento indiano, quindi, dichiara all’inizio le conclusioni e in seguito discute metodo e procedura”. Per questo, il primo sutra

Om. Quello è il Tutto, e questo, pure, è il Tutto.
Poiché solo il Tutto nasce dal Tutto,
e anche se il Tutto viene sottratto al Tutto,
ecco, ciò che rimane è il Tutto.
Om. Pace, pace, pace.

è anche l’ultimo, “con il quale si afferma tutto ciò che sia mai possibile esprimere.” Per comprendere tali affermazioni, afferma Osho, contrarie ad ogni logica, Read More

7
Jun
2009
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Destino e debolezze della spiritualità contemporanea

mariana caplan.jpgNegli ultimi quaranta anni, l’occidente è stato travolto da un’ondata di informazioni spirituali che ha inondato i quotidiani, la televisione e i periodici a maggiore tiratura. Classi di meditazioni sono offerte alle Nazioni Unite, Hillary Clinton usa tecniche di visualizzazione e rilassamento, lo yoga viene insegnato in molte delle più grandi aziende mondiali e la vita spirituale di celebrità come Richard Gere, John Travolta e Tom Cruise è data in pasto a un pubblico di fan spiritualmente affamati o di voraci cercatori di pettegolezzi.

La spiritualità non solo ha acquistato molta popolarità, ma è diventata un grande affare. La New Age è un’industria multimiliardaria, e alcuni degli insegnanti spirituali e dei guru più famosi si sono arricchiti considerevolmente grazie al commercio della Verità. Tuttavia, restano le domande essenziali: che cos’è la spiritualità? Lo spirito umano si sta davvero evolvendo?

Nella cultura spirituale dell’occidente sta succedendo qualcosa di realmente nuovo o la nostra attrazione per i seminari New Age, lo yoga e la meditazione non sono altro che masturbazioni spirituali? Come possiamo utilizzare il caos e le opportunità che abbiamo di fronte per dare un aiuto significativo all’umanità?

Stando ai media, la spiritualità può essere di tutto: una lezione di yoga in palestra, una lettura astrologica improvvisata o la camminata sul fuoco durante un seminario di fine settimana. I seguaci della New Age ci sollecitano ad accettare tranquillamente un cammino personale e su misura verso il benessere, chiamandolo “verità” e incoronando come “spirituale” tutto ciò che contiene il colore viola, include la parola “meditazione” o ha il ginseng nell’elenco degli ingredienti.

Giardini di pietra Zen sono in vendita negli aeroporti o a Discovery Channel, mentre è possibile comprare per un quarto di dollaro i mala, le collane della preghiera un tempo considerate sacre, nei grandi magazzini. Se non fossero pieni di vuoto, gli antichi Maestri Zen si starebbero certamente rivoltando dentro le loro urne cinerarie! La realtà è che, in aggiunta a tutto ciò che essa già rappresenta, la spiritualità è diventata un capriccio. È un vocabolo familiare, un bene comprato e venduto a caro prezzo, un’identità, Read More

26
May
2009
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L’universo sognante

fred alan wolf3.gifLe culture occidentali sono sempre state affascinate dai sogni, ritenuti in grado di divinare il futuro o di risvegliare ricordi del passato, persino delle vite precedenti. Recentemente, c’è stato molto interesse intorno ai sogni lucidi. La fisica quantica può spiegarci come e perché sogniamo? C’è un cervello olografico alla sua base?

Un estremo è l’idea di un mondo oggettivo che segue il suo regolare corso nello spazio e nel tempo, a prescindere da qualsiasi tipo di soggetto osservante: questa è stata l’immagine che ha guidato la scienza moderna. All’altro estremo c’è l’idea di un soggetto, che sperimenta misticamente l’unità del mondo e non ha più di fronte a sé un oggetto o un mondo oggettivo: questa è stata l’immagine che ha guidato il misticismo asiatico. Il nostro pensiero si muove da qualche parte nel mezzo, tra queste due concezioni limitate; dovremmo mantenere la tensione derivante da questi opposti. Werner Heisenberg

Esiste un mondo di mezzo tra l’esperienza umana e animale. Esso si trova in quella zona indistinta tra la mente conscia e vigile, qui, e il mondo fisico che tutti diamo per reale, . Anche se nella citazione di apertura Heisenberg parla solo di una “tensione” tra il mondo interiore di un soggetto e quello esteriore di un oggetto, forse egli sta facendo riferimento a una nuova visione concettuale dell’universo della mente e della materia, basata sulla fisica quantica. In questo articolo parlerò di questa concezione come del “mondo immaginale”, illustrando i legami di quest’ultimo con l’universo dei sogni.

Henri Corbin, il noto studioso dell’Islam, è stato il primo scrittore europeo a utilizzare l’espressione “mondo immaginale” (nota 1). Secondo lui, questo mondo è ontologicamente reale, ma le mie ricerche sulla natura dello sciamanesimo (nota 2) e dei sogni suggeriscono che esso sia più autentico della realtà che percepiamo. A ogni modo, si tratta di una realtà al di là della nostra normale percezione di veglia, anche se ci appare sotto forma di sogni e di altri esperienze simili, come le esperienze di quasi morte e forse i rapimenti degli UFO (nota 3).

Per quanto possa apparirci nuovo il concetto di questa realtà, gli aborigeni australiani sostengono di averne “memoria” da 150.000 anni (nota 4). Essi definiscono la propria memoria “la dimensione dei sogni”, che secondo loro contiene tutto il passato, il presente e il futuro. Da tale dimensione sorge il mondo della mente, la materia e l’energia. E tutto ciò si sviluppò molto tempo fa, come un sogno “del Grande Spirito”. Dunque, il pensiero aborigeno suggerisce che l’universo o Dio stiano sognando nell’esistenza tutto ciò che sperimentiamo, e che tale sogno ha una precisa componente mitologica o, come direbbe C. G. Jung, archetipica. Read More

15
May
2009
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La sfida del vuoto per la liberazione spirituale delle donne

vimala thakar4.jpgUn colloquio tra Vimala Thakar e Shanti Adams sull’esistenza o meno di un percorso spirituale separato per le donne, sulle difficoltà e le sfide proprie al genere femminile. Una franca analisi dei condizionamenti legati all’altruismo, alla competizione, all’emotività e agli attaccamenti.

“Ananda, se le donne non avessero ottenuto il permesso di passare dalla vita domestica a quella senza dimora della legge e della disciplina enunciate dal Perfetto, la vita santa sarebbe durata a lungo, avrebbe resistito un migliaio di anni. Ma ora, poiché le donne hanno avuto il permesso, essa durerà solo cinquecento anni.
Come quando la sventura chiamata muffa grigia cade su un campo di riso in maturazione, quel campo di riso non dura a lungo, così, in quella legge e in quella disciplina in cui le donne ottengono il permesso, la vita santa non dura a lungo.”

Canone Pali, Vinaia, II, X.

Quando lessi per la prima volta queste parole, attribuite nientedimeno che al Buddha stesso, ricordo che mi si gelò il sangue e fui attraversata da un brivido di paura. Era come se mi fossi imbattuta in un’antica maledizione. Ma subito la mia mente corse ai ripari con una sfilza di razionalizzazioni, traendomi in salvo da quel momento di grave insicurezza esistenziale. «Deve essere stata l’epoca, l’India antica, un pregiudizio culturale. Forse allora le donne, come anche adesso, in India erano considerate inferiori, inadatte per qualsiasi ruolo che non fosse quello di moglie e madre», pensai. «Oppure il Buddha pensava che l’ingresso delle donne nella sangha, la comunità spirituale, avrebbe provocato delle tentazioni sessuali che potevano sviare, persino distruggere, l’impegno esclusivo dei monaci verso la liberazione».

Questi e altri pensieri simili riuscirono a calmare sufficientemente il mio panico. Però, siccome consideravo il Buddha un essere umano rarissimo, un individuo di incomparabile saggezza e purezza la cui illuminazione era al di là di ogni dubbio, non riuscii mai a scrollarmi di dosso un certo disagio riguardo l’intera faccenda.

Allora non me ne resi conto, ma questa esperienza fu la prima volta che mi imbattei nella questione del condizionamento femminile. Esso esiste in modo separato o diverso da quello maschile? Ed è per sua stessa natura più intrinsecamente antitetico al principio della non-dualità (e quindi più difficile da trascendere) di altre forme di condizionamento comuni all’umanità? Negli ultimi venti anni, di fatto quasi fino a oggi, la mia risposta a queste domande era inequivocabile: No. Read More

7
May
2009
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Illuminazione, prima, durante e dopo

The age of enlightenment.jpgOgni ricercatore vuole l’illuminazione. Gran parte delle persone la sente come uno stato di continua beatitudine e unità e crede che una volta raggiunto questo, la vita sarà per sempre facile e semplice, a causa di quest’eterna espansione nell’oltre.

Mentre è vero che esiste quello che si definisce «l’esperienza dell’illuminazione» che possiede tutte queste caratteristiche, la vera vita illuminata è qualcosa di molto diverso. La beatitudine non è l’esperienza emozionale che conosciamo attraverso l’ego. E’ al di là di questa.

La verità è rivelata per così dire in tempi supplementari, pezzo per pezzo, in relazione alla nostra graduale presa di coscienza di che cosa siamo e alla perdita della nostra identità legata all’ego. Alcune parti del processo sono garantite: dobbiamo per primo riconoscere che siamo al di là del corpo-mente fino al momento in cui accade un cambiamento di prospettiva, di situazione, però in seguito dobbiamo precipitare e scendere dal picco dell’illuminazione.

Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che ogni esperienza si decolora anche dopo qualche anno, che possiamo di nuovo perdere la chiarezza e che l’identificazione con la mente può ritornare. Nulla è permanente e per raggiungere vette più alte dobbiamo passare da diverse vallate.

L’insuccesso è una parte essenziale del sentiero. Quando otteniamo un successo spirituale, il nostro ego cresce in proporzione, quando abbiamo un insuccesso, esso diminuisce ed è triturato.

L’esperienza dell’illuminazione è la fine della ricerca, ma sicuramente l’inizio del cammino. (O come dico spesso la ricerca si muove dalla dimensione orizzontale a quella verticale.) Spesso è necessaria la perdita dell’esperienza per essere veramente impegnati nella disciplina della vita spirituale. Read More

1
May
2009
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Gli Arhat e la via della compassione

Maitreya.jpgHan Shan piange quando muore una persona che ha conosciuto e amato. Ryokan versa una lacrima per la sorte di un adolescente testardo. Queste sono lacrime di compassione, non di rabbia, ira o tradimento. Infatti, davanti ai travagli della vita, questi esseri sono essenzialmente imperturbabili: i loro cuori possono ancora spezzarsi alla vista delle sofferenze degli altri, ma le loro lacrime sono prive di attaccamento. Questi sono gli arhat.

Gli Arhat e la via della compassione 1.jpgHan Shan piange quando muore una persona che ha conosciuto e amato. Ryokan versa una lacrima per la sorte di un adolescente testardo. Queste sono lacrime di compassione, non di rabbia, ira o tradimento. Infatti, davanti ai travagli della vita, questi esseri sono essenzialmente imperturbabili: i loro cuori possono ancora spezzarsi alla vista delle sofferenze degli altri, ma le loro lacrime sono prive di attaccamento.

Tale è la vita emotiva degli “arhat”, i “Nobili” del buddismo, coloro che hanno estinto ogni passione. La loro è un’equanimità oltremondana; il canone Pali, i testi classici del buddismo Theravada, descrivono gli arhat come esseri così rilassati da poter facilmente “sopportare il caldo, il freddo, la fame, la sete, la puntura delle zanzare e dei tafani, le creature dell’aria e della terra, il linguaggio offensivo, le sensazioni fisiche dolorose, pungenti, dure, brutte, fastidiose e mortali”.

Questi sereni santi buddisti sono un modello prezioso, fonte di ispirazione per il meditatore comune. Ma, in un certo senso, sono problematici. Il loro aspetto sereno rappresenta un tipo ideale, la pace alla fine del cammino… Che però sembra qualcosa di remoto e irraggiungibile dalla limacciosa realtà dei praticanti.

Potrei citare un numero infinito di casi in cui, qualche settimana, giorno od ora dopo essere tornato da un ritiro in un ottimo stato d’animo (che mi piacerebbe definire, in qualche modo, “da arhat”), mi sono improvvisamente ritrovato d’umore brutto e irritabile. Per colpa del traffico, di un assegno falso, delle zanzare, dei tafani, di un linguaggio offensivo… Le diecimila seccature della vita. A un arhat non accadrebbe mai. Ma alcune recenti scoperte sulla neurofiosiologia delle emozioni mi fanno provare più comprensione per me stesso, in questi momenti. Read More

23
Apr
2009
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Autorità  e sfruttamento, terapisti e maestri

psicoterapia fumetto.gifAutorità e sfruttamento: tre voci

Il maestro zen Robert Aitken Roshi e il monaco benedettino fratello David Steindl-rast sono figure di primo piano nel dialogo tra buddismo e cristianesimo.

Robert Aitken è il direttore della Diamond Sangha, una comunità zen con base nelle isole Hawaii e centri affiliati in altri Paesi. Avendo conosciuto lo zen in un campo di prigionia giapponese nel 1945, egli viene considerato oggi, all’età di 73 anni, il decano dei praticanti zen americani. Tra i suoi libri, ricordiamo Taking the Path of Zen e The Mind of Clover.

Fratello David Steindl-rast si è laureato in Psicologia sperimentale all’Università di Vienna. Studioso dello zen da molti anni e conferenziere noto in tutto il mondo, trascorre la maggior parte del tempo all’Immaculate Heart Autorita e sfruttamento Robert Aitken.jpgHermitage (L’Eremo del Cuore Immacolato) di Big Sur, in California.

Nel gennaio 1991 questi due vecchi amici hanno svolto insieme un ritiro di cinque giorni in una capanna isolata nell’Isola Grande delle Hawaii, sedendo in meditazione e discutendo su una lista di interrogativi stilata da fratello David. Le loro riflessioni sono state registrate dal monaco Kieran O’Malley.

“Tricycle” ha chiesto alla dottoressa Diane Shainberg di approfondire la discussione tra Fratello David e Aitken Roshi sull’autorità e lo sfruttamento. Psicoterapeuta che vive e lavora a New York, la dottoressa Shainberg è autrice di Healing in Psychotherapy: The Process of Holistic Change. È stata l’insegnante di molti terapisti e nel suo lavoro di psicoterapeuta integra gli insegnamenti buddisti. Esperta studiosa dello zen e delle tradizioni tibetane, Shainberg attualmente è allieva di Tilak Fernando, un maestro buddista dello Sri Lanka. Read More